Ormai siamo abituati a tutto. La
nostra coscienza è sempre più costretta ad assorbire quotidianamente dosi crescenti
di violenza inaudita. L'immagine del televisore acceso la sera a cena, che ci
racconta i consueti massacri in Iraq e in molti altri paesi, i continui
assassini di donne per mano di maschi che dicono di amarle, di stragi nelle
scuole ecc., credo sia estremamente
esemplificativa del grado di
ottundimento e di assuefazione della nostra coscienza alla violenza. Si può
mangiare davanti a immagini e fatti così cruenti? In teoria no, eppure lo
facciamo tutti i giorni...
Ma
alcune volte certi fatti riescono a scuoterci, a svegliare la coscienza, a
costringerla a riflettere. E fra questi fatti c'è sicuramente, almeno per
quanto mi riguarda, il delitto di
Corigliano Calabro dell'altro ieri: un diciassettenne che uccide la sua ex
fidanzatina sedicenne con modalità a dir poco orribili. Sarà che ho una figlia coetanea
di Fabiana (così si chiamava la piccola assassinata), ma sono due giorni che
non riesco a non pensarci. A parte i lunghi e terribili momenti che la
ragazzina deve aver passato, mi sono immaginato una casa normale in cui, in una
sera come le altre, tua figlia non torna e dopo un pò qualcuno ti dice che è
stata uccisa e bruciata da un suo ex. Può esistere un dolore più terribile?
In questa storia si intrecciano
elementi tipici di delitti della specie: un maschio aggressivo (anche se
apparentemente normale, pare fosse persino bravo a scuola...), le violenze
premonitrici (sembra che l'avesse
picchiata prima più volte), la mancata o inutile denuncia di queste violenze da
parte della famiglia della ragazza, la difficoltà della legge di trovare
comunque una risposta efficace allo stalking (un'attività pre-criminale che,
anche se si manifesta in forme vessatorie e violente, non può essere certo
perseguita con un lungo carcere preventivo).
Immagino già il seguito
di questa storia. Passati i primi giorni di commozione e anche di rabbia,
sepolta la ragazzina, le famiglia resterà sola, annichilita dal dolore. E quale sarà la risposta dello Stato?
Tutto si sposterà nelle aule di tribunale, sicuramente per anni (cosa c'è da
aspettare di fronte alla piena ammissione di responsabilità da parte
dell'assassino?).
Immagino già gli avvocati intenti a scrivere pagine
e pagine di memorie difensive sulle possibili attenuanti del gesto. Immagino che sosterranno che il delinquente ha reagito
a una "aggressione" da parte della ragazzina (così pare che abbia
detto...), il delitto verrà sminuzzato in mille passi procedurali dove l'aspetto umano
della vicenda sarà dimenticato o ridotto a inesistente. E poi l'assassino ha diciassette anni anche se ha dimostrato la ferocia di un autentico killer. Immagino la richiesta dell'esame psichiatrico, come
estrema ratio, per cercare di attenuare la responsabilità dell'assassino. Si
può essere normali, se si commette una efferatezza del genere? Ma questo non
vale per migliaia di altri casi nei quale l'infermità mentale non è stata
riconosciuta? Chi uccide non è quasi mai normale, almeno nel momento in cui commette
l'assassinio.
Insomma immagino che, come sempre
accade nelle nostre aule di giustizia, l'equilibrio di questo orrendo fatto
comincerà a spostarsi progressivamente e inesorabilmente a favore
dell'assassino. Si dimenticherà il fatto, le sue modalità, la fine della povera
Fabiana, il dolore dei genitori e scatterà la molla pseudo-sociologica del
"c'è una giovane vita da salvare", "bisogna dare una speranza a
questo ragazzo". Si metterà in moto quel tipico fattore italico che tanti
guasti ha provocato sia nella formulazione delle leggi sia nella loro
applicazione: la c.d. cultura
catto-comunista.
Per effetto di essa, immagino che, da un lato, si invocherà
la teoria della redenzione dell'uomo in base alla quale, anche se autore di
terribili delitti, l'assassino merita sempre
una chance ulteriore (ieri l'arcivescovo locale sembra già aver parlato di un
possibile recupero dell'omicida...); dall'altro si sosterrà che "l'assassino è vittima di questa
società, quindi va recuperato perchè è anche colpa nostra". Immagino
che i giudici scriveranno centinaia di
pagine sulle motivazioni del gesto. Immagino che in primo grado la pena sarà
probailmente, almeno spero, severa. Ma nelle
successive fasi (appello e Cassazione), quando ormai le emozioni suscitate dal
fatto saranno sopite, la pena sarà sicuramente ridimensionata e l'imputato verrà parzialmente sgravato dalle
responsibilità (si verrà meno così, come sempre accade in materia, al principio della proporzione della pena
rispetto al reato). La società sarà
dunque salva, avendo "recuperato" un assassino . Ma è davvero così?
Davvero è sempre colpa della società o c'è qualcosa di eliminabile nell'uomo, o
almeno in certi uomini, che lo induce alla violenza verso il prossimo (e in
particolare contro le donne) a prescindere dall'ambiente e dall'educazione
ricevuta? Sono tutti interrogativi angoscianti a cui ovviamente non so dare risposta.
Pensate che stia anticipando
troppo i tempi? Sicuramente sì, ma non credo che andrà diversamente.
E qui voglio dirlo con estrema
chiarezza: mi sono stufato dei sensi di colpa attribuiti sempre alla società
con inevitabile ridimensionamento delle responsabilità individuali, di questa giustizia che vede soltanto le
ragioni del reo, di pene "effettive" non adeguate alla gravità dei
reati, di assassini che escono troppo presto dalle nostre galere. Di fronte a
fatti come questo, mi viene sempre in mente il mio professore di storia e
filosofia, che sosteneva :" E' morale che chi toglie la vita, debba
perderla anche lui". Una morale forse eccessiva, sicuramente non
"political correct", molto simile alla legge del taglione, ma non voglio
sentirmi in colpa nè essere criminalizzato se mi viene di pensarci di fronte a
fatti così orrendi.
Cosa si può fare contro questo Stato
di cose? Poco o nulla, possiamo solo immaginare il seguito. Null'altro.
Immagina, non puoi...
1 commento:
Sono perfettamente d'accordo con te.
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