martedì 28 maggio 2013

Immagina.....non puoi!



Ormai siamo abituati a tutto. La nostra coscienza è sempre più costretta ad assorbire quotidianamente dosi crescenti di violenza inaudita. L'immagine del televisore acceso la sera a cena, che ci racconta i consueti massacri in Iraq e in molti altri paesi, i continui assassini di donne per mano di maschi che dicono di amarle, di stragi nelle scuole ecc.,  credo sia estremamente esemplificativa  del grado di ottundimento e di assuefazione della nostra coscienza alla violenza. Si può mangiare davanti a immagini e fatti così cruenti? In teoria no, eppure lo facciamo tutti i giorni...

  Ma alcune volte certi fatti riescono a scuoterci, a svegliare la coscienza, a costringerla a riflettere. E fra questi fatti c'è sicuramente, almeno per quanto mi riguarda,  il delitto di Corigliano Calabro dell'altro ieri: un diciassettenne che uccide la sua ex fidanzatina sedicenne con modalità a dir poco orribili. Sarà che ho una figlia coetanea di Fabiana (così si chiamava la piccola assassinata), ma sono due giorni che non riesco a non pensarci. A parte i lunghi e terribili momenti che la ragazzina deve aver passato, mi sono immaginato una casa normale in cui, in una sera come le altre, tua figlia non torna e dopo un pò qualcuno ti dice che è stata uccisa e bruciata da un suo ex. Può esistere un dolore più terribile?
In questa storia si intrecciano elementi tipici di delitti della specie: un maschio aggressivo (anche se apparentemente normale, pare fosse persino bravo a scuola...), le violenze premonitrici (sembra che  l'avesse picchiata prima più volte), la mancata o inutile denuncia di queste violenze da parte della famiglia della ragazza, la difficoltà della legge di trovare comunque una risposta efficace allo stalking (un'attività pre-criminale che, anche se si manifesta in forme vessatorie e violente, non può essere certo perseguita con un lungo carcere preventivo).
Immagino già il seguito di questa storia. Passati i primi giorni di commozione e anche di rabbia, sepolta la ragazzina, le famiglia resterà sola, annichilita dal  dolore. E quale sarà la risposta dello Stato? Tutto si sposterà nelle aule di tribunale, sicuramente per anni (cosa c'è da aspettare di fronte alla piena ammissione di responsabilità da parte dell'assassino?).
Immagino già gli avvocati intenti a scrivere pagine e pagine di memorie difensive sulle possibili attenuanti del gesto. Immagino  che sosterranno che il delinquente ha reagito a una "aggressione" da parte della ragazzina (così pare che abbia detto...), il delitto verrà sminuzzato in  mille passi procedurali dove l'aspetto umano della vicenda sarà dimenticato o ridotto a inesistente. E poi l'assassino ha diciassette anni anche se ha dimostrato la ferocia di un autentico killer. Immagino  la richiesta dell'esame psichiatrico, come estrema ratio, per cercare di attenuare la responsabilità dell'assassino. Si può essere normali, se si commette una efferatezza del genere? Ma questo non vale per migliaia di altri casi nei quale l'infermità mentale non è stata riconosciuta? Chi uccide non è quasi mai normale, almeno nel momento in cui commette l'assassinio.
Insomma immagino che, come sempre accade nelle nostre aule di giustizia, l'equilibrio di questo orrendo fatto comincerà a spostarsi progressivamente e inesorabilmente a favore dell'assassino. Si dimenticherà il fatto, le sue modalità, la fine della povera Fabiana, il dolore dei genitori e scatterà la molla pseudo-sociologica del "c'è una giovane vita da salvare", "bisogna dare una speranza a questo ragazzo". Si metterà in moto quel tipico fattore italico che tanti guasti ha provocato sia nella formulazione delle leggi sia nella loro applicazione: la  c.d. cultura catto-comunista.
Per effetto di essa, immagino che, da un lato, si invocherà la teoria della redenzione dell'uomo in base alla quale, anche se autore di terribili delitti, l'assassino  merita sempre una chance ulteriore (ieri l'arcivescovo locale sembra già aver parlato di un possibile recupero dell'omicida...);  dall'altro si sosterrà  che "l'assassino è vittima di questa società, quindi va recuperato perchè è anche colpa nostra". Immagino che i giudici scriveranno centinaia  di pagine sulle motivazioni del gesto. Immagino che in primo grado la pena sarà probailmente, almeno spero,  severa. Ma nelle successive fasi (appello e Cassazione), quando ormai le emozioni suscitate dal fatto saranno sopite, la pena sarà sicuramente ridimensionata e  l'imputato verrà parzialmente sgravato dalle responsibilità  (si verrà  meno così, come sempre accade in materia,  al principio della proporzione della pena rispetto al reato).  La società sarà dunque salva, avendo "recuperato" un assassino . Ma è davvero così? Davvero è sempre colpa della società o c'è qualcosa di eliminabile nell'uomo, o almeno in certi uomini, che lo induce alla violenza verso il prossimo (e in particolare contro le donne) a prescindere dall'ambiente e dall'educazione ricevuta? Sono tutti interrogativi angoscianti a cui ovviamente non so dare risposta.
Pensate che stia anticipando troppo i tempi? Sicuramente sì, ma non credo che andrà diversamente.
E qui voglio dirlo con estrema chiarezza: mi sono stufato dei sensi di colpa attribuiti sempre alla società con inevitabile ridimensionamento delle responsabilità individuali,  di questa giustizia che vede soltanto le ragioni del reo, di pene "effettive" non adeguate alla gravità dei reati, di assassini che escono troppo presto dalle nostre galere. Di fronte a fatti come questo, mi viene sempre in mente il mio professore di storia e filosofia, che sosteneva :" E' morale che chi toglie la vita, debba perderla anche lui". Una morale forse eccessiva, sicuramente non "political correct", molto simile alla legge del taglione, ma non voglio sentirmi in colpa nè essere criminalizzato se mi viene di pensarci di fronte a fatti così orrendi.
Cosa si può fare contro questo Stato di cose? Poco o nulla, possiamo solo immaginare il seguito. Null'altro.
Immagina, non puoi...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con te.